King Hannah – Live
La Triennale - Milano 21 Luglio 2024

Condividi:

Era molta la curiosità di poter vedere live i King Hannah, specie dopo i giudizi decisamente lusinghieri arrivati da più parti a seguito della pubblicazione di Big Swimmer  (City Slang Records). Il quartetto guidato Hannah Merrick e Craig Whittle ha centrato l’obbiettivo con un concerto decisamente bello e, per chi on stage non aveva avuto modo di poterli ammirare, ricco di suggestioni musicali diverse ma perfettamente incastonate in un sound a tratti trascinante, a volte ipnotico, altre lasciandosi andare a feedback chitarristici mai eccessivi od oltre le righe.

Certo la presenza scenica della Merrick e, soprattutto la sua voce che a tratti rimanda a Florence Shaw dei Dry Cleaning, mantenendo però una chiara identità, rappresenta uno dei tratti distintivi di questa band proveniente da Liverpool, che ha ottenuto un buon successo nelle date tenute nel nostro paese. Ma il tutto funziona perché i musicisti coinvolti sono perfetti per la musica che propongono. Un quartetto essenziale, no frills, su un palco in linea con la loro proposta, eppure capace di conquistare lo stoico pubblico accorso per l’esibizione. Stoico perché sopravvivere al banchetto allestito dalle zanzare probabilmente in trasferta da lande presumibilmente pavesi su Milano, è stato veramente eroico.

Al di là delle battute, i King Hannah hanno sciorinato un set di assoluto valore, attingendo essenzialmente dal recente album, non disdegnando un paio di clamorose zampate come nelle affascinanti Go-Kart Kid (Hell No!) e nella finale esplosiva It’s Me and You, Kid di grande bellezza, che ha visto il pubblico cullarsi sulle note di un pezzo trascinante. Notevoli anche Suddenly, Your Hand, l’acclamata Davey Says, oltre a quel gioiellino di Somewhere Near El Paso. Unica piccola pecca il volume della voce della Merrick, specie in pezzi come la bellissima  New York, Let’s do Nothing, decisamente basso e sovrastato dalla musica, che peraltro è stata mantenuta e volumi perfetti senza l’ìnutile ed esasperante frastuono sfonda timpani che sempre più spesso sembra contraddistinguere i concerti.

In chiusura, mi piace segnalare un pezzo che adoro per tante ragioni, che è la meravigliosa John Prine On The Radio. Un piccolo acquerello che nella sua semplicità racchiude la quotidianità di tanti di noi. E poi quando si arriva alla fine e si sente cantare “But John Prine on the radio makes me feel alright”…..beh, c’è bisogno di aggiungere altro?

Gran concerto, degna chiusura di una giornata bellissima.

Condividi: